Pontefice dall'885 all'891.
Discendente di una famiglia aristocratica romana, successe ad Adriano III,
nell'ultimo scorcio dell'esistenza dell'Impero carolingio prima della sua
dissoluzione in più organismi statali. Il fatto di essere stato eletto
senza l'approvazione imperiale non ebbe significative conseguenze, dato che
Carlo III il Grosso venne deposto nell'887 da una dieta di grandi elettori che
si riunì a Treviri. Da questo evento si delinearono i problemi connessi
alla successione nei Regni autonomi che andavano formandosi dal corpo
dell'Impero: in Italia il titolo di re, e quello di imperatore ad esso connesso
benché con valore ormai più onorifico che reale, fu conteso tra
diversi personaggi.
S., dopo un periodo di incertezza, diede il suo
appoggio a Guido marchese di Spoleto, a scapito di Berengario duca del Friuli e
di Arnolfo di Carinzia, già eletto re dei Franchi orientali. Il papa lo
consacrò in San Pietro nel febbraio 891. Per quanto riguarda la vita
interna della Chiesa,
S. promosse con intelligenza ed efficacia il
primato romano: intervenne nell'organizzazione delle diocesi dei Franchi
occidentali e orientali e affrontò con decisione le questioni dottrinali
e disciplinari sollevate già ai tempi di papa Adriano III dall'imperatore
bizantino Basilio I e dal patriarca di Costantinopoli Fozio (finché
ottenne la deposizione di quest'ultimo da parte del nuovo imperatore Leone VI).
S. si mostrò intransigente nell'imporre alle Chiese dell'Europa
orientale di ritornare alla liturgia in lingua latina proscrivendo quella in
lingua slava introdotta da san Metodio e che era stata riconosciuta come lecita
da papa Giovanni VIII. Gli successe papa Formoso (m. Roma 891).